La struttura della fattispecie di atti persecutori

La fattispecie degli atti persecutori è stata introdotta nel nostro ordinamento dal d.l. 23 febbraio 2009, n. 11 convertito in l. 23 aprile 2009, n. 38 avente come oggetto "misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori".

Andiamo ad analizzare la relativa norma ed evoluzione legislativa.

Il reato di atti persecutori (stalking)

L'articolo di riferimento, aggiunto dalla suddetta legge, (e modificato prima dal d.l. 93/2013 convertito in l. n. 119/2013 e poi dalla l. n. 69/2019, c.d. "Codice Rosso") è l'art. 612-bis c.p. il quale dispone, al comma 1, che "salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero di ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

Il bene giuridico oggetto di tutela è la libertà personale e morale della persona.
Si tratta di un reato comune (può essere commesso da "chiunque"), abituale (si integra con una reiterazione delle condotte) di danno e di evento (si integra con l'alterazione dello stato psico-fisico e delle abitudini della persona offesa).

Le condotte, inoltre, devono necessariamente causare almeno uno degli eventi indicati nella norma:

  • perdurante e grave stato d'ansia o di paura nella persona offesa;
  • fondato timore per la propria incolumità o per quella di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva;
  • costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.

Come accennato, la l. n. 69/2019 ha modificato la pena prevista per tale reato: prima la pena era della reclusione da sei mesi a cinque anni; ora, invece, è da un anno a sei anni e sei mesi.

Per il resto, la norma ora vigente ha preso forma grazie alle modifiche apportate dal d.l. 93/2013 convertito in l. n. 119/2013 e i successivi commi dispongono che "la pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio".

Struttura del reato

Per quanto riguarda l'elemento soggettivo, non v'è dubbio che debba sussistere il dolo, nello specifico generico, il quale consiste nella volontà e coscienza di porre in essere i comportamenti reiterati richiesti dalla norma.

Per ciò che concerne l'elemento oggettivo, invece, si è già parlato della condotta che integra tale reato: minacce o molestie reiterate che causino un perdurante stato d'ansia o paura per sé o per altri o un cambio di abitudini personali. 

Recente e costante giurisprudenza ha sancito che il delitto di atti persecutori può essere integrato anche quando le condotte reiterate di violenza o minaccia siano intervallate da un prolungato lasso temporale e quando l'evento tipico della alterazione o cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa sia transitorio, ma non occasionale (cfr. Cass. sent. nn. 30525/2021 - 17552/2021).

Non è necessario un danno biologico, ma è sufficiente l'alterazione dello stato psico-fisico della persona offesa senza che venga accertata una patologia.

Inoltre, altra recente giurisprudenza ha sancito la differenza sostanziale tra il reato in oggetto e quello di molestie (art. 660 c.p.) che consiste proprio nel "diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché si configura il delitto di cui all'art. 612-bis cod. pen. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'art. 660 cod. pen. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato" (Cass. sent. n. 15625/2021).

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