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Il diritto civile prevede due principali categorie di responsabilità: contrattuale ed extracontrattuale
Come si può immaginare, la prima è la responsabilità derivante da un contratto (inadempimento o inesatto adempimento, ex art. 1218 c.c.); nella seconda, invece, è assente un vincolo contrattuale tra le parti, ma si viene ad instaurare comunque una situazione per la quale una sarà responsabile dei danni cagionati all'altra.
Vediamo come.
Il codice civile prevede la disciplina dei fatti illeciti al Libro Quarto (delle obbligazioni), Titolo IX, artt. 2043-2059.
Cominciando la nostra analisi dalla norma principale di riferimento, cioè l'art. 2043 c.c., questo dispone che "qualunque fatto, doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno" (principio del neminem laedere).
Il fatto doloso ricorre quando un'azione è posta in essere con coscienza e volontà, intese come consapevolezza che tale azione cagioni un danno.
Il fatto colposo, invece, è posto in essere per imprudenza, imperizia, negligenza, ovvero per inosservanza di leggi o regolamenti. In tal caso viene a mancare, dunque, la volontà di commettere il danno.
Per imprudenza si intende il comportamento di chi agisce mettendo in pericolo sé ed altri con modalità avventate ed incoscienti.
Per imperizia si intende mancanza di attitudine, abilità o esperienza, soprattutto nelle cose che riguardano una professione.
Per negligenza, invece, si intende mancanza di impegno, di attenzione o di interessamento nel compimento dei propri doveri.
Il tutto deve riferirsi alla commissione di un danno ingiusto, definito come un danno che lede un interesse non necessariamente patrimoniale meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Questo, naturalmente, fa sorgere un'obbligazione in capo a colui che ha commesso il danno.
Trovandoci in area di responsabilità extracontrattuale, il termine per poter chiedere il risarcimento di un danno di questo tipo sarà di 5 anni, al contrario di quanto avviene per la responsabilità contrattuale, il cui termine per agire ai fini del relativo risarcimento è di 10 anni.
Il codice prevede diversi casi in cui si incorre in responsabilità da fatto illecito:
L'art. 2043 c.c. riconduce alla responsabilità da fatto illecito tantissime fattispecie di danno anche non esplicitamente disposte dal codice. Un esempio può essere il danno da perdita di chance che può essere definito come un pregiudizio derivante dal venir meno della concreta possibilità di ottenere un bene o di conseguire un risultato la cui realizzazione è incerta fin dall'inizio. Non si tratta, dunque, di un'aspettativa in capo al soggetto, ma di una possibilità concreta.
La Corte di Cassazione l'ha definito come "la concreta ed effettiva perdita di un'occasione favorevole di conseguire un determinato bene o vantaggio, in quanto tale costituente un'entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione" (Cass. sent. n. 6488/2017).
È naturale che tale tipo di danno avrà natura extracontrattuale nel momento in cui si sarà verificato in assenza di un accordo tra le parti.
Un altro esempio è il danno da perdita del rapporto parentale: questo consegue a un illecito plurioffensivo che si verifica quando dal fatto illecito altrui deriva non solo la morte della vittima primaria, ma anche la lesione dell'integrità delle vittime secondarie, cioè i congiunti.
L'ultimo articolo del Titolo dedicato ai fatti illeciti, l'art. 2059 c.c., disciplina i c.d. danni non patrimoniali.
Come accennato, il danno ingiusto può anche non essere necessariamente patrimoniale e questo va valutato di volta in volta.
Infatti, la norma citata dispone che "il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge". Questa norma "aperta" aveva dato delle interpretazioni, invero, restrittive per le ipotesi di danno morale, ossia la sofferenza psichica transeunte delle vittime dei reati non suscettibile direttamente di valutazione economica.
Questa norma va letta in combinazione con l'art. 185 c.p. secondo cui "ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili.
Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui".
Oltre al danno morale troviamo anche il danno biologico, definito dall'art. 138 del codice delle assicurazioni come la lesione temporanea o permanente dell'integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito.
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