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La questione delle concessioni balneari è sempre stata un tema acceso nel nostro Paese e, in questa sede, cercheremo di fare un po' di chiarezza al riguardo.
Per parlare di concessioni balneari è necessario, prima di tutto, parlare di demanio pubblico: ai sensi dell'art. 822 c.c., "appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale [...]."
La giurisprudenza (T.A.R. Emilia-Romagna, sent. n. 643/2015) ha avuto modo di chiarire che i beni demaniali possono formare oggetto di diritti in favore di terzi soltanto nei modi e nei limiti stabiliti dalle norme di diritto pubblico e non secondo la disciplina di diritto privato.
In più, occorre fare una distinzione dei beni pubblici patrimoniali che si suddividono in indisponibili e disponibili. I primi sono destinati a un pubblico servizio e al conseguimento di fini pubblici; i secondi, invece, hanno un carattere strumentale alla produzione di redditi, non sono beni pubblici ma di proprietà di enti pubblici.
Da qui la disciplina attinente i beni del patrimonio indisponibile dello Stato che sono, quindi, soggetti alla materia pubblicisitica in quanto soddisfano la volontà da parte della P.A. di destinare quei beni ad un servizio pubblico.
L'art. 28 del codice della navigazione, inoltre, prevede gli elementi che compongono il demanio marittimo: lido, spiagge, porti, rade, lagune, foci dei fiumi che sfociano in mare, bacini di acqua salsa e salmastra in comunicazione, almeno una volta l'anno, con il mare, i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.
Ai sensi dell'art. 329 dello stesso codice, si ritengono essere pertinenza del demanio marittimo anche le relative costruzioni presenti entro i limiti del demanio costiero e del mare territoriale.
Avendo a che fare con una disciplina diversa rispetto a quella civilistica (privatistica, ndr), subentra, in tal caso, l'istituto della concessione amministativa. Questa è formata da un atto unilaterale e autoritativo (la concessione in senso stretto da parte dello Stato) e da un rapporto contrattuale bilaterale che, come tale, è fonte di diritti e doveri reciproci dell'ente concedente e del concessionario. Si badi bene che non bisogna confondere questo istituto con quello della locazione, prettamente privatistico e che, sebbene abbia delle analogie, rappresenta un discorso e una disciplina diversi.
Da questo discende che chiunque utilizzi il bene pubblico in concessione è titolare di un diritto di esclusione nei confronti dei terzi dall'utilizzazione dello stesso con i relativi poteri di autotutela e azioni del diritto comune.
I principi che regolano tale disciplina trovano il loro fulcro nel diritto europeo a norma dei quali la P.A. è obbligata, nella scelta del concessionario, ad espletare una procedura comparativa (ad evidenza pubblica) finalizzata a considerare prudentemente le offerte avanzate dai soggetti coinvolti.
Un ruolo centrale nella disciplina delle concessioni balneari è ricoperto dalla direttiva Bolkestein (2006/123/CE, recepita in Italia con d. lgs. 59/2010) la quale ha ad oggetto "le disposizioni generali che permettono di agevolare l'esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi", lasciando "impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d'interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti".
I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l'esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario.
Tali criteri devono essere: non discriminatori; giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; commisurati all'obiettivo di interesse generale; chiari ed inequivocabili; oggettivi; resi pubblici preventivamente; trasparenti e accessibili.
Inoltre, le procedure e le formalità di autorizzazione "devono essere chiare, rese pubbliche preventivamente e tali da garantire ai richiedenti che la loro domanda sarà trattata con obiettività e imparzialità".
Basandosi su questo, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea si è espressa più volte al riguardo sancendo che una legislazione nazionale, che contempli un rinnovo delle concessioni marittime esistenti per finalità turistico-ricreative (balneari, ndr) senza alcuna procedura selettiva tra i possibili candidati, sia impedita dalla presenza proprio della direttiva Bolkestein.
Da ultimo, la Corte Ue si è espressa nel caso C-348/22, ribadendo che le concessioni balneari devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente seguendo le norme di diritto comunitario, disapplicando le disposizioni nazionali che non siano conformi ad esse.
Riprendendo quando disposto dalla Direttiva Bolkestein, la Corte Ue ha sancito che le autorizzazioni devono essere concesse per un tempo limitato e non potranno essere rinnovate automaticamente.
Inoltre, ha ricordato che, anche se l'Italia ha recepito tali disposizioni, ha permesso che questa situazione fosse possibile a causa di una legge (n. 145/2018) che ha previsto che le concessioni potessero essere prorogate fino al 31 dicembre 2023.
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