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Il codice penale prevede una serie di cause che portano all'estinzione del reato e questo, ovviamente, comporta l'impossibilità di procedere nei confronti del soggetto che l'ha commesso ed eventualmente con l'applicazione della pena.
Vediamo quali sono.
Ai sensi dell'art. 150 c.p. "la morte del reo avvenuta prima della condanna estingue il reato". Questo implica che subentrerà un'impossibilità di pervenire all'accertamento della colpevolezza e, di conseguenza, di applicare le pene principali e accessorie, ma rimane invariata la sussistenza delle obbligazioni civili nascenti dal reato, che faranno capo agli eredi.
La ratio di questa norma trova il suo fondamento nel principio costituzionale secondo cui la responsabilità penale è personale, quindi è destinata ad estinguersi quando diviene impossibile procedere nei confronti del soggetto che è deceduto.
Ai sensi dell'art. 151 c.p. "l'amnistia estingue il reato e, se vi è stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie.
Nel concorso di più reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i quali è conceduta.
La estinzione del reato per effetto dell'amnistia è limitata ai reati commessi fino a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca una data diversa.
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi.
L'amnistia non si applica ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, né ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente".
La differenza con l'indulto (istituto spesso affiancato all’amnistia) risiede nel fatto che questo non estingue il reato, bensì solo la pena: in altre parole, l’indulto condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, senza cancellare il reato.
Ai sensi dell'art. 79 Cost. "l'amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.
La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione.
In ogni caso, l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge".
Gli effetti dell'amnistia sono, quindi, da ricondursi al venir meno della possibilità di infliggere qualsivoglia tipo di sanzione per effetto dell'estinzione del relativo reato.
Inoltre, in seguito alla sentenza n. 175/1971 della Corte Costituzionale (con cui è stato dichiarato incostituzionale l’art. 151 c.p. per violazione del diritto di difesa nella parte in cui non si prevedeva la generale possibilità di rinuncia dell’imputato all’applicazione dell’amnistia), è ora possibile scegliere di rinunciare esplicitamente all’amnistia.
Una volta presentata una querela, intesa come manifestazione di volontà di far perseguire un determinato reato, il querelante può anche manifestare la volontà opposta, cioè quella di rinunciare al perseguimento del reato stesso attraverso la remissione della stessa.
Questa può essere processuale o extraprocessuale e può intervenire, naturalmente, solo prima della condanna senza che possa essere sottoposta a termini o condizioni e perde effetto qualora il querelato non la accetti.
Una volta rimessa la querela, il reato per il quale si era attivato il procedimento si estingue.
Il codice penale distingue, poi, dei casi particolari: ai sensi dell'art. 154 c.p. è stata proposta da più persone “il reato non si estingue se non interviene la remissione di tutti i querelanti“, mentre se tra più persone offese da un reato solo una ha proposto la querela “la remissione, che questa ha fatto, non pregiudica il diritto di querela delle altre“. Inoltre, ai sensi dell’art. 155, co. 3 c.p., la remissione fatta a favore di uno soltanto tra coloro che hanno commesso il reto si estende a tutti, ma non produce effetto per chi l’abbia ricusata.
La prescrizione è un istituto che collega l'estinzione del reato al decorso del tempo: lo Stato affievolisce il suo interesse a punire un soggetto quando sia trascorso troppo tempo dalla commissione del reato, da valutare in base alla gravità dello stesso.
Infatti, a norma dei primi due commi dell'art. 157 c.p. “la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tenere conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante“.
Sono, comunque, previste due eccezioni a tale regola generale: quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, il tempo necessario a prescrivere è di tre anni; mentre i termini per prescrivere sono raddoppiati per alcune tipologie di reati, come ad esempio i delitti colposi di danno, omicidio colposo aggravato e plurimo, riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, tratta di persone, etc..
Infine, l'ultimo comma dell'art. 157 c.p. sancisce l'imprescrittibilità dei reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo.
L'art. 162 c.p. prevede l'estinzione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda attraverso l’istituto dell’oblazione: “il contravventore è ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la violazione commessa, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato“. Questa è detta oblazione obbligatoria.
Per quanto riguarda, invece, le contravvenzioni punite alternativamente con la pena dell’arresto o dell’ammenda, articolo di riferimento è il 162-bis c.p. il quale dispone che “il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento“. Questa, invece, è la c.d. oblazione facoltativa.
In entrambi i casi, il pagamento deve essere effettuato prima dell’apertura del dibattimento.
Grazie alla l. 103/2017 è stata introdotta questa ulteriore causa estintiva del reato che mette in risalto il pentimento dell’imputato il quale ha provveduto a riparare interamente il danno cagionato dal reato (mediante restituzioni e risarcimento) e ad eliminare le conseguenze dannose o pericolose dello stesso, prima dell’apertura del dibattimento di primo grado (art. 162-ter c.p.).
L'istituto della sospensione condizionale della pena è previsto dall'art. 163 c.p. il quale dispone che nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all'arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice può ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa per un determinato lasso di tempo che dipende dal tipo di reato commesso.
Nello specifico, il termine resta sospeso:
La sospensione condizionale non può essere concessa a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, né al delinquente o contravventore abituale o professionale o a persona che la legge presume socialmente pericolosa.
A norma dell'art. 168 c.p., la sospensione condizionale è revocata di diritto “qualora, nei termini stabiliti, il condannato: 1. commetta un delitto o una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva, o non adempia agli obblighi impostigli; 2. riporti un’altra condanna per delitto anteriormente commesso a pena che, cumultta a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall’art. 163” (di cui sopra).
Istituto dedicato sostanzialmente alla rieducazione dei minori che consiste nella rinuncia da parte dello Stato a perseguire determinate condotte.
A norma dell'art. 169 c.p., il perdono giudiziale si applica:
Infine, quale causa di estinzione del reato, troviamo l'esito positivo della messa alla prova dell'imputato, istituto dapprima riservato ai soli minorenni e poi esteso ai maggiorenni con l.n. 67/2014.
Ai sensi dell'art. 168-bis c.p., l'istituto opera "nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché” per i delitti rimessi al Tribunale in composizione monocratica e nei casi in cui il giudice ritenga che il colpevole si asterrà dal compiere ulteriori reati e reputi idoneo il programma di trattamento elaborato congiuntamente agli uffici per l’esecuzione penale esterna, il quale deve essere presentato congiuntamente alla richiesta di sospensione del processo con messa alla prova non oltre la formulazione delle conclusioni in udienza preliminare (o, nei procedimenti che non prevedono l’udienza preliminare, non oltre l’apertura del dibattimento).
La sospensione non può superare i due anni per i reati puniti con la pena detentiva, né un anno per i reati puniti con la pena pecuniaria e comporta la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato oltre che il risarcimento del danno e l'affidamento dell'imputato al servizio sociale per lo svolgimento di un programma di rilievo sociale.
La messa alla prova è subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità che consiste in una prestazione non retribuita in favore della collettività di durata non inferiore a dieci giorni anche non continuativi, tenendo conto delle abitudini lavorative dell'imputato.
Questo istituto non può essere concesso più di una volta.
L'esito positivo della messa alla prova estigue il reato, salvo il fatto che la sospensione può essere revocata per grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte o per la commissione di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole.
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