Cause di giustificazione: quali sono e che effetti producono?

09 Giugno 2023

Le cause di giustificazione (dette anche scriminanti) sono particolari situazioni in presenza delle quali un fatto, che nella normalità dei casi costituirebbe un reato, non acquista tale carattere perché consentito o imposto dalla legge.

Questo implica che il comportamento posto in essere dal soggetto agente non possiede quell'antigiuridicità richiesta per integrare un reato.

Cause di giustificazione previste dal codice penale

  1. Il consenso dell'avente diritto

L'art. 50 c.p. prevede che "non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può validamente disporne".
Tale scriminante si basa sulla carenza di un interesse da tutelare, a seguito della rinuncia del titolare alla conservazione del bene protetto dalla norma: non avrebbe senso, infatti, perseguire un soggetto che ha avuto il permesso di usufruire di un bene con il rischio di metterlo in pericolo o lederlo da parte del titolare.

In ogni caso, il consenso, per avere efficacia scriminante, deve presentare una serie di requisiti, cioè deve essere:

  • attuale, cioè esistere prima dell'avvio della condotta;
  • libero, cioè non viziato da dolo, minaccia o violenza;
  • informato, cioè con tutti i dettagli utili per decidere se concedere il permesso o meno;
  • specifico, cioè manifestato in maniera non vaga.

Infine, il consenso incontra dei limiti riguardo ai beni per i quali può essere concesso.
Infatti, tali beni sono soltanto quelli disponibili, cioè quelli per i quali lo Stato non ha un particolare e proprio interesse alla loro conservazione.

I beni indisponibili, al contrario, non possono essere oggetto del consenso in questione in quanto sono oggetto di interesse diretto da parte dello Stato e sono: i beni appartenenti allo Stato o a enti pubblici; i beni della collettività; i beni della famiglia; il diritto alla vita.
Tant'è che, ad esempio, l'art. 579 c.p. punisce "l'omicidio del consenziente", disponendo che "chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni" (motivo per cui l'eutanasia è ancora illegale in Italia, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019).

Per quanto riguarda l'integrità fisica, la libertà personale e l'onore, questi sono detti beni "relativamente disponibili", nel senso che la loro disponibilità è vietata quando è contraria alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume.

    2. Esercizio del diritto

All'art. 51 c.p. troviamo la scriminante dell’esercizio del diritto per la quale è disposto che “l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità“.

Vi sono diversi limiti all’applicazione di tale scriminante che possono essere sia interni, cioè delimitati dalla norma che riconosce il diritto e ricavabili da esplicite norme di disciplina, che esterni, cioè derivanti da altre norme.

Alcuni esempi di esercizio del diritto possono essere dati da:

  • diritto di cronaca (art 21 Cost.): per evitare di eccedere i limiti accennati sopra, questo diritto deve essere circoscritto nel rispetto della verità, della pertinenza e della continenza. A tal riguardo, la Cassazione ha sancito che “la causa di giustificazione di cui all’articolo 51 del Cp, sub specie di esercizio del diritto di cronaca, alla luce dell’interpretazione che la Corte europea dei diritti dell’Uomo dà della garanzia di cui all’articolo 10 della Cedu, può essere configurata non soltanto in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia, ma anche in relazione a eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia medesima” (Cass., sent. n. 38277/2019);
  • diritto di critica: inteso come libertà di dissentire dalle opinioni espresse da altri avendo riguardo ai limiti della rilevanza sociale dell'argomento e della correttezza delle espressioni utilizzate;
  • diritto di sciopero (art. 40 Cost.): diritto garantito nell’ambito delle leggi che lo regolano. I suoi limiti esterni risiedono nella libertà dei soggetti che non vogliono aderire allo sciopero, negli interessi degli utenti del servizio, nel buon andamento della pubblica amministrazione e nella garanzia dei diritti e servizi fondamentali del cittadino (come ad esempio nell’ambito della sanità);
  • diritto di difesa (art. 24, co. 2 Cost.): anche tale diritto incontra un limite: l’esigenza della corretta amministrazione della giustizia. Infatti, il difensore, pur potendo adottare tutti gli strumenti che ritiene più opportuni per la difesa del suo assistito, deve anche prestare attenzione al comportamento messo in atto. Ad esempio, potrebbe essere commesso il reato di favoreggiamento nel momento in cui il difensore aiuta il suo assistito ad eludere le indagini.

    3. Adempimento del dovere

Ancora, a norma dell'art. 51 c.p., "l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità esclude la punibilità.
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine".

La norma giuridica da cui deriva il dovere da adempiere può essere una legge o un atto avente forza di legge (decreti legislativi e decreti legge), ma anche da fonti di rango secondario, come regolamenti.

L’ordine dato dall’Autorità, in tal senso, deve avere dei requisiti di validità senza i quali non può ricorrere la scriminante in questione: la competenza del superiore ad emanare l’ordine; la soggezione dell’inferiore ad obbedirvi; il rispetto delle forme previste dalla legge.

L’ordinamento militare italiano individua un limite alla insindacabilità dell’ordine nella sua manifesta criminosità nell’art. 4 della legge n. 382/1978, in cui viene disposto che “gli ordini devono, conformemente alle norme in vigore, attenere alla disciplina, riguardare il servizio e non eccedere i compiti dell’istituto. Il militare al quale viene impartito un ordine manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la cui esecuzione costituisce comunque manifestamente reato, ha il dovere di non eseguire l’ordine e di informare al più presto i superiori".

    4. Legittima difesa

L’art. 52, co. 1 c.p. dispone che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa“.

È il caso della legittima difesa, in cui devono sussistere sia la situazione aggressiva, che la reazione difensiva e quest’ultima deve essere necessariamente proporzionata alla prima, altrimenti ci troveremmo in una situazione di “eccesso di legittima difesa”.

In pratica, la situazione aggressiva deve avere i caratteri di pericolo attuale e offesa ingiusta ad un diritto proprio o altrui.

Va considerato, quindi, il complesso della situazione tanto aggressiva quanto difensiva, potendo riconoscersi la scriminante in questione nei casi in cui la difesa abbia, di regola, quel carattere di proporzionalità, potendo anche essere superato nei casi limite.

Per ciò che riguarda la legittima difesa domiciliare (l. n. 36/2019), la Corte di Cassazione si è espressa sancendo che la riforma “non modifica l’impianto normativo dell’istituto […]. Nemmeno il comma 4, di nuovo conio, dell’art. 52 c.p., sembra consentire un’indiscriminata reazione contro chi si introduca o si intrattenga, con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, nella dimora altrui o nei luoghi ad essa equiparati […]. Il requisito della necessità appartiene, difatti, all’essenza stessa della legittima difesa” (Cass., sent. n. 21794/2020).

    5. Uso legittimo delle armi

L’art. 53 c.p. disciplina le condizioni che legittimano l’uso delle armi da parte della Pubblica Autorità, disponendo che “ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona“.

Collegata alla legittima difesa, questa scriminante subentra, con carattere sussidiario, quando difettino i presupposti della prima, ma anche dell’adempimento di un dovere.

La norma fa riferimento al “pubblico ufficiale“, la cui definizione può essere rinvenuta nell’art. 357 c.p.: “agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti, è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico ed atti autorizzativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della P.A. o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi
“.

Presupposti per tale scriminante sono, dunque: l’adempimento di un dovere d’ufficio; la violenza da respingere; la resistenza da vincere; la proporzione.

    6. Stato di necessità

Previsto dall’art. 54 c.p., lo stato di necessità integra quella scriminante secondo cui “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo“.

Questa scriminante non opera nei confronti di chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo, come ad esempio gli agenti delle forze dell’ordine.

Anche in tal caso, come per la legittima difesa e l’uso legittimo delle armi, è necessaria la proporzione tra pericolo e fatto lesivo, facendo, dunque, un rapporto di valore tra gli interessi in gioco.

Oltre alla proporzione, ulteriori requisiti risiedono nella situazione necessitante in cui devono sussistere il grave danno alla persona e la situazione di pericolo e l’azione lesiva necessitata, connotata, come si accennava, dalla proporzione.

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