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Perché ammettere tutti i praticanti all'orale non è la soluzione
Nelle ultime ore è stato sbandierato con orgoglio un emendamento al decreto Cura Italia, definitivamente cestinato, erroneamente divulgato come "ammissione diretta all'orale" di tutti i praticanti che hanno sostenuto l'esame forense nel 2019. In realtà l'emendamento prevedeva semplicemente la correzione delle prove scritte direttamente il giorno dell'orale.
Vorrei chiarire subito per quale ragione, al di là di ogni considerazione etica, non sarebbe possibile giuridicamente ammettere tutti i candidati all'esame orale.
1.Le prove scritte si sono svolte regolarmente e integrano tre delle quattro prove previste per l'esame forense. Alcuni elaborati sono già stati corretti secondo certe regole e ciò che è nel mondo produce i suoi effetti giuridici.
2.Le regole e i criteri legali di correzione sono stati stabiliti ex ante e a questi criteri si sono attenuti i candidati nella preparazione e nello svolgimento delle prove. Tra queste regole spicca l'anonimato, che è sinonimo di imparzialità nella valutazione (ferma l'essenza umana di quest'ultima). Modificare le regole di correzione "in corsa" renderebbe illegittima l'intera prova, con elevato rischio di annullamento per tutti i candidati.
3.Se tutto questo non bastasse. Sul piano pratico, a cosa condurrebbe correggere gli scritti il giorno dell'orale?
a.Triplicherebbe i tempi delle prove orali (in passato gestite su una media inferiore a 4 candidati al giorno). Nelle Corti d'appello più numerose vorrebbe dire esaminare poco più del 10% dei candidati prima degli scritti 2020;
b.costringerebbe tutti a prepararsi all'orale senza conoscere previamente se sono stati superati gli scritti;
c.esporrebbe tutti i candidati alla paralisi che potrebbe derivare da eventuali ricorsi amministrativi;
d.determinerebbe il sovraffollamento del prossimo esame forense, da parte di tutti coloro che non sono ancora riusciti a conoscere neppure gli esiti dell'anno precedente: per l'effetto, risulterebbero danneggiati anche i candidati di quest'anno, che sarebbero esposti alla falce della legge statistica;
La soluzione proposta
L'unica soluzione realmente percorribile, sulla quale invitiamo il Ministro Bonafede e il CNF ad assumere una linea chiara ed immediata è quella di procedere sin d'ora a:
1.Definire la data esatta di ripresa delle sessioni di correzione. Si ritiene opportuno stabilire che essa coincida con la data di riapertura dei Tribunali. Allo stato, martedì 12 maggio, individuando sin d'ora spazi idonei a garantire l'assoluta sicurezza dei commissari. Gli spazi di correzione dovranno essere inseriti nei protocolli organizzativi degli uffici.
2.Consentire a tutti i commissari che abbiano difficoltà a raggiungere la sede la possibilità di partecipare alle sedute in videoconferenza, ricorrendo a strumenti telematici certificati per la sottoscrizione del verbale. Ciò in analogia a quanto già previsto in altri ambiti per fronteggiare l’emergenza Covid-19, ad esempio in materia di convocazione e svolgimento delle assemblee delle società di capitali e cooperative nelle quali si ammette che presidente e segretario verbalizzante si trovino in (e partecipino all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione da) due luoghi distinti (art. 106 d.l. n. 18 del 2020 c.d. “Cura Italia”)
3.Definire, sino al limite massimo di disponibilità, l'incremento delle sessioni di correzione e del numero di commissioni.
4.Stabilire un calendario dei lavori in forza del quale sia rispettato il termine di legge dei 60 giorni di sospensione previsto dall'art. 5 d.l. 22 del 2020. Con comunicazione degli esiti delle prove entro il termine ultimo perentorio del 1 Settembre.
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