Le sezioni Unite sulla riforma del negozio fiduciario

Riguardo alla forma che deve rivestire il negozio fiduciario immobiliare, ossia il pactum fiduciae avente ad oggetto un bene immobile, si sono contrapposte due diverse tesi.
Per molto tempo si è sostenuto che il negozio fiduciario avente ad oggetto diritti reali immobiliari doveva essere redatto per iscritto a pena di nullità, dovendo esso sostanziarsi in un atto bilaterale scritto (Cass. Civ. I, ord. n. 23093 del 2019, Cass. Civ., sez. II, 25.05.2017, n. 13216). Secondo questa impostazione, che considera il pactum fiduciae alla stessa stregua di un contratto preliminare, nel negozio de quo sarebbe contenuto un obbligo di trasferire o ritrasferire, pertanto la regola prevista all’art. 1351 c.c. per il contratto preliminare dovrebbe intendersi estesa a tutte le fonti convenzionali che comportino obblighi al trasferimento di immobili (Morello).
Peraltro, la forma scritta di un simile negozio sarebbe imposta in virtù del principio consolidato secondo cui ogni obbligazione che importa l’obbligo di trasferire un bene immobile deve seguire la forma prevista per la vendita del medesimo (Cass. civ. II, n. 10163 del 2011; Cass. civ. II, n. 8001 del 2011). Infine, la necessità di estendere il vincolo di forma scritta al negozio fiduciario avente ad oggetto beni immobili si renderebbe doverosa al fine di garantire la certezza dei traffici giuridici. In definitiva, secondo questa impostazione non sarebbe sufficiente una dichiarazione unilaterale del fiduciario, ma occorre un atto negoziale avente struttura bilaterale e dispositiva, contenente l’estrinsecazione formale diretta della volontà negoziale delle parti.
Secondo una diversa tesi minoritaria, che inquadra il negozio fiduciario nell’ambito del collegamento negoziale (ossia in un’operazione unitaria costituita da una pluralità di segmenti negoziali), esso non richiede indefettibilmente la forma scritta ad substantiam, essendo sufficiente una dichiarazione ricognitiva unilaterale, redatta per iscritto e sottoscritta, con cui il fiduciario si impegna in maniera attuale e precisa a trasferire al fiduciante (ovvero ad un terzo da questo indicato) la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione dell’accordo fiduciario. Questa dichiarazione sarebbe volta ad attuare il pactum preesistente concluso verbalmente, e come tale, avrebbe una propria “dignità”, che la rende idonea a costituire autonoma fonte dell’obbligazione del promittente, suscettibile di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. purchè contenga l’impegno attuale del fiduciario e l’esatta individuazione dell’immobile che dovrà ritrasferirsi, unitamente all’indicazione dei confini e dei relativi dati catastali (Cass. Civ., III, n. 10633 del 2014). Tale dichiarazione, non costituisce una semplice promessa di pagamento, pertanto, ove contenga un impegno attuale e preciso al ritrasferimento, qualora il firmatario non dia esecuzione a quanto contenuto nell’impegno unilaterale, è suscettibile di esecuzione in forma specifica.
Il dibattito è stato definitivamente sopito a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite del 6 Marzo n. 6459 del 2020, che hanno censurato l’equiparazione del pactum fiduciae al contratto preliminare, stante l’evidente e marcata diversità della natura e degli interessi perseguiti da tali figure, atteso che nel preliminare l’effetto obbligatorio è precedente e strumentale all’effetto reale, mentre nel contratto fiduciario l’effetto obbligatorio consegue all’effetto reale, che lo precede. Il negozio fiduciario andrebbe piuttosto assimilato al mandato senza rappresentanza, poichè entrambi sono espressioni dell’interposizione reale di persona. Inoltre, osservano le SS.UU. che in ossequio al principio di libertà delle forme, il mandato senza rappresentanza per l’acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta, e che il rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferire al mandante l’immobile acquistato dal mandatario è esperibile anche quando il contratto di mandato senza rappresentanza sia privo di forma scritta (Cass. civ., III, n. 20051 del 2013, Cass. civ., III n. 21805 del 2016).
Ai fini della validità del pactum fiduciae non occorre quindi la forma scritta ad substantiam, trattandosi di un atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio. Di contro, l’accordo concluso verbalmente rappresenta la fonte dell’obbligo del fiduciario di procedere al successivo trasferimento al fiduciante. Ove le parti non abbiano formalizzato il loro accordo fiduciario in una scrittura, avendolo concluso verbis, potrà semmai residuare un problema di prova, ma non di validità del pactum, in quanto l’osservanza del requisito della forma scritta è imposta dall’articolo 1350 c.c. per i soli atti traslativi, e quindi per il contratto iniziale di acquisto dell’immobile da parte del fiduciario e per il successivo atto di ritrasferimento da parte dello stesso in favore del fiduciante.
La Cassazione in questa pronuncia ha inoltre affrontato la successiva e distinta questione relativa alla rilevanza che assume la dichiarazione unilaterale scritta con cui il fiduciario si impegna ad effettuare in favore del fiduciante o di un terzo indicato il ritrasferimento del bene oggetto del pactum fiduciae, precisando che il fiduciario-dichiarante è già destinatario di un’obbligazione di ritrasferimento giuridicamente vincolante, pertanto l’accordo verbale rappresenta il titolo che giustifica l’accoglimento della domanda giudiziale di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento su di lui gravante. Tuttavia, per il fiduciante potrebbe essere arduo fornire la prova dell’intervenuta stipulazione dell’accordo verbale, necessaria ai fini dell’ottenimento della sentenza costitutiva nei confronti del fiduciario infedele. In tal caso, assume rilevanza la successiva dichiarazione scritta di impegno del fiduciario, assimilabile ad avviso delle Sezioni Unite ad un atto unilaterale riconducibile alla figura della promessa di pagamento ex art.1988 c.c. che dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza è presunta fino a prova contraria. Tale dichiarazione determina una mera astrazione processuale della causa debendi, pertanto non costituisce fonte autonoma di tale obbligo, che deriva invece dal pactum, quindi da tale dichiarazione non dipende la nascita dell’obbligo del fiduciario di ritrasferire l’immobile al fiduciante, bensì essa determina un rafforzamento della posizione del fiduciante destinatario della dichiarazione stessa, il quale, in virtù di questa, è esonerato dall’onere di dimostrare il rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria. Invero tale promessa dispensa il destinatario della dichiarazione dall’onere di provare l’esistenza del rapporto – che è presunta fino a prova contraria – ma di cui non si può prescindere sotto il profilo sostanziale. Pertanto, può venir meno ogni effetto vincolante ove il promittente dimostri che il rapporto sottostante non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esiste una condizione o un altro elemento che incida sull’obbligazione derivante dal riconoscimento o dalla promessa. Grava dunque sul fiduciario-dichiarante l’onere di superare tale presunzione e di fornire la prova contraria.

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