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Traccia atto Giudiziario in materia di Diritto Penale
In data 09.02.2016 Tizio si trova nei giardini pubblici del Comune di Alfa con il proprio cane di piccola taglia tenuto al guinzaglio. All'improvviso un cane di grossa taglia / senza guinzaglio con comportamento aggressivo si lancia contro il cane di Tizio e cerca di azzannarlo. Tizio, munitosi di un grosso bastone trovato nelle vicinanze, colpisce violentemente il cane di grossa taglia uccidendolo. Di lì a breve arriva Caio proprietario del cane ucciso, che stravolto per l'accaduto denuncia Tizio. All'esito del processo penale di I grado, il giudice ritiene Tizio responsabile del delitto previsto e punito dall'art. 544 bis c.p. e lo condanna con la pena di mesi 4 di reclusione, senza riconoscere alcuna circostanza attenuante in considerazione del fatto che l'imputato ha diversi precedenti penali per reati contro il patrimonio. Ad avviso del giudicante Tizio ha causato la morte del cane di Caio "senza necessità", avendo agito al solo fine di difendere il proprio animale di compagnia. Il candidato assunte le vesti del legale di Tizio rediga l'atto giudiziario più idoneo alla difesa del proprio assistito.
V. Lez. 3 File 11 Pareri Stato necessità, Lez. 3, Schema 5 Cause di giustificazione
Riferimenti normativi
54 c.p.
544bis c.p.
99 c.p.
62 c.p.
Riferimenti giurisprudenziali
Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 50329 del 28 novembre 2016
In tema di delitti contro il sentimento per gli animali, la nozione di "necessità" che esclude la configurabilità del reato di uccisione di animali di cui all'art. 544 bis cod. pen. comprende non soltanto lo stato di necessità previsto dall'art. 54 cod. pen., ma anche ogni altra situazione che induca all'uccisione dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno alla persona propria o altrui o ai propri beni, quando tale danno l'agente ritenga altrimenti inevitabile. (Fattispecie relativa all'uccisione di un alano da parte dell'imputato per tutelare la sua incolumità e quella del suo cane di piccola taglia, aggredito e morso poco prima).
SVOLGIMENTO
ALLA CANCELLERIA DEL TRIBUNALE PENALE DI …
PER
L'ECC.MA CORTE DI APPELLO DI …
RGNR
RG DIB
Sent. N.
ATTO DI APPELLO
avverso la sentenza n. ..., pronunciata in data …, dal Tribunale di …, nel procedimento n. … RGNR, n. … RG DIB, con la quale Tizio è stato condannato alla pena di mesi quattro (4) di reclusione per il delitto di cui all’art. 544-bis c.p.,
Il sottoscritto Avv. … del Foro di … difensore di fiducia di Tizio, nato a …, il …, residente a …, in via …, n…, come da nomina in calce al presente atto,
DICHIARA
di proporre specificamente appello avverso tutti i capi della summenzionata sentenza del Tribunale di … e con precipuo riferimento ai seguenti punti:
Si adducono a sostegno della presente impugnazione i seguenti
MOTIVI
1) Dichiarazione che il fatto non costituisce reato in considerazione dello stato di necessità
Il caso prospettato ricade pienamente nel perimetro operativo dello stato di necessità e, in generale, della riconducibilità di quanto previsto dall'art.544bis c.p. agli elementi strutturali della scriminante di parte generale.
Lo stato di necessità, disciplinato dall’art. 54 c.p., scrimina fatti tipici in presenza di un pericolo, che deve essere effettivo, attuale e non volontariamente o colposamente causato dall’agente, di un danno grave alla persona, per sé o per altri. In passato si escludeva che la nozione di pericolo attuale di un danno grave alla persona potesse includere beni diversi dalla vita e dall’integrità fisica. Oggi si ricomprende in tale fattispecie la lesione di tutti quei beni giuridici attinenti all’essenza della persona e ai suoi bisogni primari: la vita, l’integrità fisica, la libertà sessuale, la libertà personale, il nome, l’onore nonché il bisogno abitativo della persona. L'orientamento largamente dominante, tuttavia, estende analogicamente la causa di giustificazione dello stato di necessità anche a beni non soltanto riconducibili al novero dei beni strettamente personali, purché riconosciuti e garantiti dall’art. 2 della Costituzione. La situazione necessitata dovrà essere sempre ricostruita secondo una valutazione ex ante, che tenga conto di tutte le circostanze esistenti e il pericolo deve essere connotato dal requisito dell’ “inevitabilità altrimenti”: vale a dire che la condotta criminosa deve essere stata l’unico mezzo per evitare il danno ed, inoltre, il fatto deve essere proporzionato al pericolo. Secondo l’orientamento maggioritario, la proporzionalità andrà valutata tra il bene giuridico che si intende proteggere e quello che viene sacrificato, in relazione alla gravità del pericolo che si voleva evitare.
Tanto precisato e passando alla trattazione del primo motivo, il Tribunaleha erroneamente disatteso le evidenze fattuali che inducono a ritenere pienamente integrato lo stato di necessità. Tizio, era intento a passeggiare in compagnia del proprio cane di piccola taglia nei giardini pubblici del Comune di Alfa. Occorre precisare che l'animale era tenuto rigorosamente al guinzaglio, nel frangente in cui veniva aggredito da un cane viceversa di grossa taglia, di proprietà di Caio, in piena libertà e fuori controllo, che cercava di azzannarlo. La reazione risultava inevitabile e del tutto proporzionata. Soltanto in seguito all'aggressione, infatti, Tizio si muniva di un bastone reperito nelle vicinanze e colpiva l'animale uccidendolo. Quanto indicato è il risultato di un'azione necessitata per salvare l'incolumità propria e/o del proprio animale da affezione. A quanto detto si aggiunga che anche il mezzo contundente non era nella pregressa disponibilità del soggetto agente ma il medesimo, come detto, veniva reperito nell’immediatezza e al solo fine di difendere sé ed il proprio animale da compagnia, viceversa, la condotta posta in essere da Tizio non avrebbe mai avuto luogo. In effetti, la reazione di Tizio risultava per vero necessaria proprio al fine di salvaguardare la propria incolumità e quella del proprio animale da compagnia rispetto ad un’ingiustificata aggressione. Per di più la circostanza che il cane di grossa taglia fosse libero di agire e muoversi evidenzia l’elemento fattuale della non causazione volontaria del pericolo attuale di un danno grave. Peraltro, tale libertà lasciata dal relativo padrona al cane di grossa taglia, il quale era quindi svincolato e in grado di aggredire chicchessia conduce a ritenere che il pericolo anzidetto non fosse altrimenti evitabile se non reagendo fisicamente alla ridetta aggressione, tant’è che Tizio era costretto ad armarsi di un bastone reperito nelle immediate vicinanze non avendo altri adeguati mezzi difensivi a disposizione.
Inoltre, si osservi come il più recente orientamento interpretativo di legittimità abbia stabilito che nel concetto di necessità che esclude la punibilità del delitto di uccisione di cui all'art.544bis c.p., sia compreso lo stato di necessità di cui all’art. 54 c.p., e ogni altra situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento dell’animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l’aggravamento di un danno alla persona o ai beni ritenuto altrimenti inevitabile. Ad ulteriore conferma di quanto precede, si deve rilevare che la norma, peraltro, prevede una clausola di illiceità espressa («senza necessità») Il delitto in esame si configura come reato comune a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale che può consistere sia in un comportamento commissivo come omissivo, sia tenuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa è tenuta, come nel caso in esame, senza necessità (Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 50329 del 28 novembre 2016). A quanto espresso si aggiunga che il bene giuridico tutelato dalla fattispecie di cui trattasi è stato tradizionalmente considerato l’umano sentimento di pietà e amorevolezza verso gli animali accompagnato, altresì, dall’intento pedagogico di preservare e proteggere l’educazione civile e la mitezza dei costumi. La condotta tipica e la struttura stessa della fattispecie di uccisione di animali richiama, prima facie, quella di omicidio prevista dall’art. 575 c.p. e, pertanto, trattasi di reato a forma libera. Invero, il contegno tipico previsto dal ridetto precetto risulta incentrata sul verbo “cagionare”, che rende rilevanti ai fini dell’integrazione del reato ogni comportamento umano, attivo od omissivo, diretto ovvero indiretto, che abbia costituito un antecedente causalmente necessario rispetto al verificarsi dell’evento morte. Nondimeno, assumono rilevanza penale soltanto le uccisioni di animali che avvengano per crudeltà o senza necessità.
In riforma di quanto stabilito dal giudice di prime cure va, pertanto, riconosciuto lo stato di necessità in relazione all'uccisione di animali, con conseguente assoluzione dell’odierno imputato perché il fatto non costituisce reato ai sensi dell’art. 530, comma I, c.p.p.
2) In subordine: mancata concessione dell'attenuante comune di cui all'art.62, n.1, c.p. o, quanto meno, delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p. da ritenersi in ogni caso prevalente rispetto all’eventuale recidiva non specifica.
Nella denegata ipotesi in cui non si ritenga di aderire al primo motivo di gravame proposto, si osserva come Il Tribunale collegiale negava al prevenuto il riconoscimento di alcuna circostanze attenuante sulla motivazione, del tutto apodittica, che tale riconoscimento sarebbe escluso considerati i diversi procedimenti penali per reati contro il patrimonio di cui il prevenuto risulta gravato.
L’assunto non può essere condiviso giacché del tutto destituito di fondamento giuridico ed invero a Tizio pare, anzitutto, riconoscibile la circostanza attenuante comune di cui all’art. 62, n. 1., c.p. ovverosia l’aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale.
In effetti, egli era mosso nel suo agire dall’intento, condivisibile da chiunque, di difendere sé ed il proprio animale domestico da un’aggressione improvvisa ed ingiustificata. Sicché, l’uccisione del cane di grossa taglia per finalità difensive a tutela dell’incolumità può certamente ritenersi una condotta mossa da un valore che riconosciuto e condiviso dalla prevalente coscienza collettiva e che non si identifica con quelli viceversa radicati in un ristretto ambiente o strato sociale né, tantomeno, in una determinata e limitata categoria di individui. Tale impostazione è anche quella seguita dalla consolidata giurisprudenza di legittimità pronunciatasi in merito, la quale ebbe a precisare che giustappunto ai fini del riconoscimento dell’attenuante de qua, i particolari motivi morali e sociali sono quelli che traggono origine da valori avvertiti appunto dalla prevalente coscienza collettiva e che non si identificano con quelli radicati nel ristretto ambiente di alcuni strati sociali o in particolare aree geografiche (ex multis Cass. Pen., Sez. I, 14.11.1994).
La predetta invocata circostanza attenuante può certamente ritenersi prevalente ex art. 69 c.p. rispetto ai numerosi precedenti penali ascrivibili a Tizio. In tal senso, è appena il caso di evidenziare come nell’ipotesi che occupa parrebbe potersi configurare - perlomeno in astratto - la circostanza aggravante soggettiva della recideva la quale, nondimeno, risulta aspecifica giacché i precedenti penali di cui è gravato il prevenuto riguardano reati contro il patrimonio e non atti di violenza nei confronti di terzi. Dunque, nonostante la presenza di precedenti, l’eventuale fattispecie di cui all’art. 99 c.p. ben può essere ritenuta subvalente rispetto alla ridetta invocata attenuante stante, altresì, il non particolare disvalore della condotta concretamente posta in essere dall’imputato.
Solo in via di subordine, peraltro, potranno comunque essere applicate le circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis c.p., nella denegata ipotesi in cui la condotta necessitata di Tizio non dovesse essere inquadrata nei motivi di particolare valore morale e sociale.
In conclusione, la sentenza di primo grado andrà riformata sul punto, con concessione dell’invocata circostanza attenuante da ritenersi prevalente sull’eventuale ritenuta recidiva con conseguente necessaria rideterminazione del trattamento sanzionatorio in concreto irrogato.
P.Q.M.
Si chiede che l'Ecc.ma Corte di Appello di … voglia, in accoglimento delle doglianze esposte:
Con osservanza.
Luogo, data
Firma Avv. ...
Nomina a difensore ex art. 96 c.p.p.
Il sottoscritto Tizio, nato a…il… e residente in…via …n…, condannato con sentenza n… del…nell’ambito del procedimento penale n…R.G.N.R.,
DICHIARA DI NOMINARE
l’Avv. …del Foro di…quale proprio difensore, conferendogli ogni più ampio potere di legge ed in particolare il potere di impugnare la sopra indicata sentenza.
Dichiara di eleggere domicilio presso lo studio del predetto difensore, in…Via…n..
Dichiara, altresì, di essere stato informato delle caratteristiche e dell’importanza dell’incarico, delle attività da espletare, delle iniziative ed ipotesi di soluzione, della prevedibile durata della procedura nonché di aver ricevuto tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento sino alla conclusione dell’incarico; inoltre, dichiara di aver ricevuto un preventivo scritto relativo alla prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo tra oneri, spese, anche forfettarie e compenso professionale. Sono stati resi noti gli estremi della polizza assicurativa. Si dichiara di aver ricevuto tutte le informazioni previste ai sensi dell’art. 13 Reg. UE n. 2016/679 (GDPR) e viene prestato il consenso al trattamento dei dati personali per l’espletamento del mandato conferito.
Luogo, data
Tizio……
E’ autentica Avv……..
Firma Tizio
È autentica
Firma Avv. ...
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